Tipologia: Ovale con appendici globulari
- Diritto: La vergine di Monserrato. LEGENDA : MO. SER.
- Rovescio: San Benedetto con pastorale, davanti corvo con pane. LEGENDA: S. BENE ORA . PRO NO
- Materiale: bronzo
- Misura: 16 X 12 mm.
- Peso: 0,97 gr.
- Produzione: Fusione
- Datazione: Sec. XVII
San Benedetto e il corvo (con riflessione di Fra Mario Rusconi, eremita benedittino)
Il biografo del SanTo che fu il grande S. Gregorio papa denominato Magno, monaco benedettino prima di essere pontefice, scrive questo fatto nella biografia del padre dei monaci.
Un corvo viveva negli anfratti rocciosi dei monti circostanti al monastero di S. Benedetto, e all'ora dei pasti era solito scendere al refettorio del monastero per ricevere la propria razione giornaliera di cibo.
Quindi afferratala col becco, andava a gustarsela nelle nude cavità rupestri, sotto i caldi raggi del sole.
Nei dintorni dell'Abbazia dimoraVa anche un prete di nome Fiorenzo, però nel vedere affluire ogni giorno di più i fedeli verso Benedetto e nel contempo, diminuire la frequenza alla sua Chiesa, fu assalito da forte invidia, e reso ormai cieco da quella tenebrosa passione, progettò una orrenda decisione: inviò al servo dell'Onnipotente Signore un pane avvelenato, presentandolo come pane benedetto segno di amicizia.
L'uomo di Dio lo accettò con vivi ringraziamenti ma non gli rimase nascosta la pestifera insidia che il pane celava. All'ora della refezione, veniva abitualmente, dalla vicina selva, un corvo e beccava poi il pane dalle mani di lui. Venne anche quel giorno e l'uomo di Dio gli gettò innanzi il pane ricevuto in dono dal sacerdote e gli comandò: "In nome del Signore Gesù Cristo prendi questo pane e gettalo in un luogo dove nessun uomo lo possa trovare". Il corvo spalancato il becco e aperte le ali, prese a svolazzare intorno a quel pane e gracchiando pareva volesse dire che era pronto ad eseguire il comando ma una forza glielo impediva. Il servo di Dio dovette ripetutamente rinnovare il comando: "Prendilo, su prendilo senza paura e vallo a gettare dove non possa trovarsi più". Dopo un'altra esitazione finalmente l'afferrò e volò via; tornò circa tre ore dopo, senza più il pane e allora come sempre prese il suo cibo dalla mano dell'uomo di Dio.
Il venerabile Padre comprese da questa vicenda come l'animo del sacerdote si accanisse contro la sua vita, ne proò un immenso dolore, non tanto per sé quando per il povero sventurato.
(dalla Vita di S. Benedetto di S. Gregorio Magno - Città Nuova Roma 1975)
Conclusione
Lo storico benedettino della metà del secolo XIX Don Luigi Tosti, nella sua vita di S. Benedetto dà questa spiegazione del corvo di S. Benedetto che riprende la motivazione teologica enunciata all'inizio del presente articolo. Lascio invariato il linguaggio di 150 anni or sono per la sua eleganza; l'autore dice:
"E qui viene a taglio un'avvertenza necessaria intorno a quel corvo, adusato dal Santo a prendere ogni dì dalle sue mani il cibo ad ora fermata. Questo fatto potrebbe nell'animo del lettore svegliare pensiero irriverente verso il medesimo, quasi che per leggerezza di costume logorasse il tempio ad addomesticare corvi o altre bestie.
Gli uomini come S. Benedetto, sempre intenti nell'amore di Dio creatore, non potevano contenersi dall'amare ogni cosa creata che veniva da lui per creazione.
In guisa che si tenevano stretti di amore fraterno ad ogni cosa creata eper la comunanza del Padre che li aveva creati. E di rimando spesso gli animali irragionevoli per divina ordinazione, si prestavano a far servizi ai santi uomini, che lontani dall'umano consorzio, nei deserti, commettevano solo nelle mani di Dio la loro vita.
L'amore dunque dei santi uomini verso le bestie irragionevoli è conseguenza di quello che esse portano a Dio, che le chiamò dal nulla e le mantiene in vita. Infatti in questa lirica esaltazione dell'animo di Davide al Signore nel salmo 148, il quale lo loda per la sua onnipotenza creatrice, chiama a compagni del suo canto non solo gli uomini ma anche le bestie, e ne dà la ragione: "Quia ipse dixit et facta sunt, ipse mandavit, et creata sunt (Perché egli parlò e furono fatti, egli comandò e furono creati)". Aggiungi da ultimo che il peccato del primo uomo, come lo separò per ribellione da Dio, così separò da lui le bestie irragionevoli, delle quali era signore.
Gli uomini che per singolare penitenza e purità di vita tornarono a Dio, spesso per straordinaria permissione divina riacquistano il loro impero sulle bestie; e queste, mansuefatte dalle loro virtù, tornavano all'antica soggezione. Questo dico a chi crede ancora alla verità della Bibbia.
Saluti
Francesco